Di ritorno da una quattro giorni di scarso riposo ma anche da un grazioso
déjeuner sur l'herbe bolgerico in
Cascina Fagnana un anno dopo
i terribili eventi, con ritrovata energia trovo in casella una serie di notizie cinematografiche che volentieri (ah sì?) ripropongo in questa sede. I più informati di voi già saranno al corrente della notizia, ai meno informati probabilmente non fregherà niente, ma è possibile che qualche ingenuotto di ritorno da Foggia ancora non ne abbia sentito parlare, così ecco qui la serie di notizie (grazie all'amico Giuliano che mi ha segnalato
questo articolo consentendomi di rimettermi in pari con tutte le novità).
Guillermo del Toro, ormai confermato alla regia del film tratto dallo Hobbit, ha rilasciato il 25 aprile
un'esclusiva intervista a
TheOneRing.Net. Nell'intervista, il regista del
Labirinto del Fauno annuncia innanzitutto la sua intenzione di farsi sentire a più riprese sulla
tag-board del forum e, in seconda battuta, si lamenta che i Bolgeri non ne abbiano una. Concluse quindi le proprie rimostranze per l'ormai obsoleto blog del gruppo milanese, passa a discutere alcuni aspetti della sua poetica e le applicazioni di questi principi alla trasposizione del libro di Tolkien.
Ciò che traspare in maggior misura dall'intervista, spiegabilissimo in termini di marketing, trovo che sia un
desiderio di continuità con il lavoro di
Peter Jackson, a cominciare dal desiderio di non imbarcarsi nella direzione del film a meno che i problemi legali tra il precedente regista e la
New Line non si fossero risolti. Del Toro annuncia continuità riguardo alle
location - ancora la Nuova Zelanda - e riguardo all'uso delle stesse: «le location possono essere migliorate dalla tecnologia, naturalmente, sia digitale che non. Quello che vorrei evitare, però, è ricreare gli ambienti naturali in
grafica digitale: è una cosa che non mi piace fare. Il film è sostanzialmente un film di viaggio, penso che si debbano usare le location il più possibile». In larga misura, si tratta - almeno a parole - di un portare al cubo ciò che ha già fatto Peter Jackson, ovvero in gran parte un "montaggio" su più piani di paesaggi esistenti. «The essential elements for keeping continuity are on track», dice lui stesso rispondendo ad una domanda sul futuro utilizzo o meno degli effetti speciali della
Weta Digital. La conferma stessa di molti membri del
cast e dello
staff è ulteriore indizio di una volontà di costruire un vero e proprio "prequel" ai film di Jackson, invece di un prodotto autonomo: confermati
Andy Serkis,
Ian McKellen,
Howard Shore,
John Howe,
Gino Acevedo (il supervisore al trucco della Weta),
Richard Taylor (supervisore creativo di maquette, mostri
and all that jazz) e, a quanto pare, anche
Alan Lee. E Del Toro ha un bel rassicurare, sempre nella stessa intervista, riguardo alla
trama che sarebbe una storia autonoma: l'autonomia di un prodotto dovrebbe essere anche altro e io, che avrei preferito per
Lo Hobbit un'interpretazione del tutto diversa della subcreazione tolkieniana rispetto a quella data da Jackson, non mi sento particolarmente soddisfatta dopo aver letto quest'intervista. Non se le differenze, almeno a detta di Del Toro, sono riconducibili ad una scala cromatica «more golden» e ad un minor uso della grafica digitale nella creazione dei mostri.
Ecco infine che cosa risponde riguardo ad una domanda sul
famigerato "secondo film", quello che dovrebbe porsi cronologicamente tra
Lo Hobbit e la trilogia.
«You know, I traveled to New Zealand just a little while ago, and one of the main reasons for going was to sit down and talk about the second film.
The Hobbit, the book, is really one self-contained film, so for the second movie we sat down and worked it out. When we did this we got really excited because this second film is not a ‘tag on’, it’s not ‘filler’, it’s an integral part of telling the story of those 50 years of history lost in the narrative. There will be certain things that we will see from the first movie but from a different point of view, but it will feel like a volume, in the 5 volumes of the entire story. It will not feel like a bridge, I’ve been hearing it called ‘a bridge film’, it’s not, it’s an integral chapter of the story, and I think we’re all on the same page».
Paura, eh?
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