Google+ Bolgeri - il Gruppo Tolkieniano di Milano: gennaio 2009

mercoledì, gennaio 14, 2009

Presentazione del libro "La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi"

Libreria Feltrinelli – Corso Aldo Moro 3, Varese
Giovedì 22 Gennaio – ore 18:00


Presentazione del libro:
La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi
di J.R.R. Tolkien
(Ed. Marietti 1820)

Partecipano:
- Roberto Fontana, presidente dell’Ass.ne Culturale Granburrone e membro dell’equipe di traduttori dell’opera;
- Alberto Ladavas, membro della Tolkien Society, del comitato scientifico della collana “Tolkien e dintorni” (Marietti 1820) e dell’equipe di traduttori dell’opera;
- Francesca Manfredi, giornalista de “La Provincia” di Varese.



Il vizio segreto di Tolkien

Nessuna pruderie nei confronti del grande Professore di Oxford: come tutti gli appassionati di Tolkien già sanno, il vizio segreto dell’autore de Lo Hobbit, Il Signore degli Anelli e Il Silmarillion era solo (si fa per dire) quello di inventare linguaggi. Tale era l’amore di Tolkien per questa attività, non scordiamoci che era professore di filologia, che in una lettera scritta immediatamente dopo la pubblicazione del Il Signore degli Anelli ebbe a dire: «Alla base c’è l’invenzione dei linguaggi. Le “storie” furono create per fornire un mondo ai linguaggi e non il contrario. […] Per me, infatti, [Il Signore degli Anelli] è soprattutto un saggio di “estetica linguistica”, come a volte dico a chi mi chiede “di che cosa tratta?”» (Lettera n. 165). Benchè questa affermazione fosse una vera e propria dichiarazione di precedenza della linguistica sulla narrativa, Tolkien si lamentava che poche persone lo prendessero sul serio: «Nessuno mi crede quando dico che il mio lungo libro è un tentativo di creare un mondo nel quale una forma di linguaggio che vada d’accordo con i miei principi estetici sembri reale. Ma è vero.» (Lettera n. 205).

Tuttavia qualcuno potrebbe chiedersi: cosa c’entra tutto questo con La trasmissione del pensiero e la numerazione degli Elfi? Ebbene, l’opera in questione è la traduzione di una serie di saggi scritti da Tolkien fra il 1959 e il 1960 e pubblicati poi sulla rivista americana Vinyar Tengwar non essendo stati inclusi nel poderoso corpus esegesico tolkieniano costituito dalla History of Middle-earth. Benchè lo scopo dichiarato di tutti questi scritti sia quello filologico-linguistico, ossia quello di spiegare il significato di specifici termini nei vari idiomi Eldarin e le loro reciproche relazioni e dipendenze, l’autore non si limita ad un’arida e vuota elencazione di parole in Quenya, Sindarin e Telerin, né ad una fredda enunciazione di regole sintattico-filologiche. Com’è nello stile di Tolkien, da ogni termine scaturisce una nuova storia che va ad aggiungersi al suo composito legendarium, o l’autore prende spunto da episodi presenti nelle storie già pubblicate per aggiungervi dettagli e note solo all’apparenza linguistiche, poiché è proprio dall’analisi di queste annotazioni che si è a volte in grado di interpretare passaggi presenti in altre opere.

E così dall’analisi di termini quali ósanwe, kenta, fëa, hröa, níra, lata, patha e sama prende luogo la meravigliosa spiegazione di come tutti gli esseri senzienti possano comunicare mentalmente fra loro, a partire dal più elevato di tutti, Eru, fino agli uomini mortali, passando attraverso alle menzogne ideate dal nemico, Melkor, per irretire quest’ultimi. Dalle note su óre, veniamo invece a conoscenza della mente interiore degli Elfi, nella quale si generarno sensazioni profonde e vere che risiedono e si percepiscono nell’anima e che, a volte, provengono indirettamente da Eru attraverso i Valar.
Infine, come non ammirare il genio creativo di Tolkien, quando, per poterci spiegare le origini e i legami dei termini elfici per le varie parti della mano, riesce ad inventare e a narrare i giochi infantili con cui gli elfi trasformano le dita in famiglie assegnando loro simpatici vezzeggiativi? Oppure quando Tolkien non si limita a registrare che mátengwie vuol dire “linguaggio gestuale”, ma ce lo descrive con tale maestria da permetterci di riprodurre tali gesti con delle illustrazioni?

I saggi contenuti nel presente volume non sono quindi solo degli splendidi esempi della perfetta padronanza di Tolkien della filologia e delle scienze linguistiche, materiale perciò di estremo interesse per quanti studiano le lingue elfiche, ma entrano a far parte a pieno titolo del bagaglio informativo e di racconti lasciatoci dal Professore di Oxford sulla Terra di Mezzo e che ci aiutano a gettare sempre più luce su questa affascinante, ed in parte ancora inesplorata, subcreazione.

Oltre ovviamente all’immenso piacere di leggere, ancora una volta, una nuova opera di Tolkien.

(R. Fontana, A. Ladavas)